Impianto cellule mononucleate
L’IMPIANTO DI CELLULE
MONONUCLEATE AUTOLOGHE
NEL TRATTAMENTO DELLE LESIONI CARTILAGINEE
Olbia, porto cervo
Si tratta di una metodica all’avanguardia basata sull’utilizzo di una popolazione cellulare
presente all’interno del nostro organismo, col fine di rigenerare tessuti (nel nostro caso la
cartilagine articolare) danneggiati da eventi patologici di varia natura.
obiettivo
L’obiettivo è quello di ottenere il maggiore numero di cellule staminali nel sito interessato, il più a lungo possibile, favorendone la differenziazione

Il presupposto biologico sta nella ricchezza di fenomeni di tipo biochimico e cellulare insiti nella risposta dell’organismo al danno e nella rigenerazione tissutale. Il sistema monocitico-macrofagico è quello che all’interno del nostro corpo regolamenta e modula l’attività delle cellule mesenchimali, cellule di tipo staminale, le sole in grado in grado di differenziarsi determinando una rigenerazione tessutale.
La popolazione cellulare in questione è quindi quella macrofagica, storicamente considerata come deputata ad opera di “pulizia” all’interno del sistema immunitario.
Il suo ruolo, invece, è risultato essere di importanza centrale nell’attivazione e modulazione della risposta all’insulto tissutale, sia esso di tipo traumatico, chirurgico, degenerativo, in prima battuta attraverso l’attivazione della sotto popolazione di tipo M1 che stimola il processo infiammatorio reattivo favorendo così la prima risposta dell’organismo all’insulto.
Tuttavia, la prima fase determina anche il passaggio alla progressiva attivazione dei macrofagi di tipo M2, cellule dotate di azione antinfiammatoria ed in grado di attivare, regolamentare e modulare lo “shift”, ovvero la trasformazione, delle cellule mesenchimali (cellule di tipo staminale pluripotenti) verso la popolazione differenziata propria del tessuto (i condrociti nel tessuto cartilagineo), innescando il processo riparativo-rigenerativo.
L’aspetto rivoluzionario di tale metodica consiste proprio nell’intervenire sul passaggio precedente la cellula staminale, andando ad arricchire e potenziare il processo a monte che ne determina la trasformazione in cellula differenziata.
All’atto pratico, questo si traduce in una risposta rigenerativa più potente, stabile e duratura. I tessuti “bersaglio” di tale processo sono il tessuto cartilagineo, osseo, muscolare, tendineo.
Le indicazioni devono essere il più possibile rigorose per favorire il buon esito della metodica: il paziente deve avere delle buone potenzialità biologiche, quindi l’età non dovrebbe superare la sesta decade di vita. Un Paziente giovane è sicuramente il migliore candidato.
Con l’avanzare dell’età, infatti, si riducono le potenzialità riparative dei tessuti ed un impianto di cellule mononucleate autologhe potrebbe non essere in grado di innescare un processo efficace.
Danni estesi hanno ovviamente meno probabilità di beneficiare di una spinta riparativa.
Difetti angolari degli arti inferiori, ovvero condizioni meccaniche di sovraccarico della parte danneggiata andrebbero corretti, dove indicato, prima del trattamento. La patologia artrosica conclamata con interessamento di entrambi i versanti dell’articolazione (per esempio, nel ginocchio, tibia e femore) non può essere trattata efficacemente e pertanto in tali casi andranno considerate altre opzioni terapeutiche.
Le controindicazioni sono al momento relative alla patologia tumorale.
Nel dettaglio, la procedura prevede il prelievo di sangue venoso del Paziente che attraverso un circuito chiuso e sterile attraversa un sistema filtro che trattiene le cellule mononucleate, ottenendo un concentrato che va a riempire una siringa di 10 cc che vengono infiltrati nell’articolazione o nel sito da trattare. La tecnica può essere realizzata sia ambulatorialmente che in sala operatoria nel corso di un intervento chirurgico, secondo le indicazioni.
E’ opportuno, a seguire, osservare un periodo di relativo riposo “attivo” con graduale ripresa delle attività fisiche secondo la sede, la tipologia, l’estensione della lesione trattata.
Un’ulteriore applicazione di tale concentrato cellulare è quella di utilizzarlo per arricchire degli scaffold, cioè degli innesti di tessuto o materiale biologicamente attivo, per favorirne la rigenerazione o la sostituzione. Tutte le articolazioni possono essere trattate, anche se all’atto pratico la tecnica si rivolge alle grandi articolazioni degli arti.
